Sindaco di Cassinetta di Lugagnano, Consigliere Metropolitano Città di Milano
“Sappiamo che l’uomo bianco non comprende i nostri costumi.
Per lui una parte di terra è uguale ad un’altra, perché è come uno straniero che irrompe furtivo nel cuore della notte e carpisce alla terra tutto quello che gli serve.
La terra non è suo fratello ma suo nemico e quando l’ha conquistata passa oltre.
Egli abbandona la tomba di suo padre dietro di sé e ciò non lo turba.
Rapina la terra ai suoi figli, e non si preoccupa.
La tomba di suo padre, il patrimonio dei suoi figli cadono nell’oblio.
Egli tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come cose da comprare, sfruttare, vendere come si fa con le pecore o con le perline luccicanti.
La sua ingordigia divorerà la terra e lascerà dietro di sé solo deserto.”
Dal discorso di Capo Seattle all’Assemblea Tribale del 1854
LA VITA NELLA DOLCEZZA DELLO SCROSCIO
Non più lo scroscio allegro d’acque calde e chiare.
Non più lieta tamburella la carta in quel giardino.
Essa non s’affloscia, muta, d’acqua zuppa.
Non tace l’asfalto. Non schizza l’acqua
al passar e ripassar di gomme.
Non gocce di cristallo, né di schizzato limo.
Non i lieti strumenti che lo scroscio suona,
ma di deserto un torrido silenzio.
E’ brullo d’intorno,non si leva un canto;
né un viso s’apre all’acqua che non bagna.
Piange il palmeto sulla sabbia,son
mesti, cadenti i suoi rami.
Inerte, l’aria secca più non profuma,
solo secco diffonde nell’arsa anima mia.
Tu non odi il canto del passero,né sul traliccio che ti sovrasta il canarino canta. Senti il lamento del nero asfalto sotto il frustar di gomme.
Triste il mio sentir si trascina nella vita ormai finita.
Or o più mai è d’uopo torni il canto allegro dello scroscio.
s.m.